giovedì 31 maggio 2012

La legge dei primi


Che significa essere primo?
A volte è una soddisfazione.
Essere il primo in una lunga fila davanti ad uno sportello.
Ancora meglio essere il primo su una competizione sportiva. 
Gloria e onore. 
Magari qualche soldo.
O primi nello studio. 
Primi nel lavoro. Successo. I tuoi “15 minuti” di ribalta.
O primo, senza volerlo, capostipite di una generazione familiare.
Oppure, leader, scelto o cresciuto, di un gruppo. 

La leadership, intesa come “comando”: 
dico io cosa si fa… trovo le soluzioni. 
Prima di decidere, informatemi. 
Senza di me non si decide nulla. 

Il comando è una cosa che da alla testa.
Anche essere allenatore di un gruppo. Sei quello che sceglie. 
E da li a credersi onnipotenti, ne manca davvero poco.
Perdere il senso della realtà è un attimo.
Basta dimenticarsi la domanda "per chi scelgo?".

Ma anche riuscendo a non caderci e quindi, riuscendo a mantenere un equilibrio sano con quello che fai, restando sempre al servizio di chi ti crede “comandante”, la vera battaglia è quella di non essere soli. 

Già.
Anche se circondato da gente. 
Anche se tempestato di telefonate. 
Anche se uomo apprezzato e cercato da donne (o viceversa).

Soli, con le tue preoccupazioni, che nessuno vuole, perché da te vogliono soluzioni…
Soli, con le tue paure, a cui nessuno crede. Tu? Ma non è possibile…
Quasi sempre cercato per quello che dai e non per quello che sei.

E quando non dai più?
Apriti cielo. Questo diventa una colpa intollerabile per i "secondi". 
Tanto da bandirti dal regno. E fare di te un piccolo reietto.

Mio nonno diceva: Si nasce da soli. Si muore da soli.

Allora, fermo e seduto, pensi:
chi mi ha dato senza chiedere?

venerdì 25 maggio 2012

Hagakure



Giappone.  1800.
Imagawa Yoshimoto, un Samurai.
Un uomo robusto, di 32 anni e di nobile aspetto, entrò nella sala nel suo abito da cerimonia, con le caratteristiche maniche di canapa che vengono indossate solo nelle grandi occasioni.
Assieme a lui lo seguivano il suo kaishaku e tre ufficiali del piccolo ma tenace esercito di Suruga.
Avanza nella sala fiero e volge uno sguardo di saluto, senza tradire alcuna emozione, alle persone sedute, che ricambiano con un veloce cenno della testa, un “si” per noi occidentali.
Poi, dolce per un solo attimo, verso la sua compagna. E senza paura verso il suo figlio più giovane.
Si inginocchia sul drappo rosso preparato per lui. Alla sua sinistra si inginocchia il suo kaishasu.
L’atmosfera della sala è estremamente solenne.
La cerimonia che seguirà sarà definitiva.

2 anni prima.
Yoshimoto era al servizio del padrone Kihei godeva del rispetto e del timore di tutta la gente del villaggio di Suruga. Aveva moglie e due figli.
Il primogenito, Ahimo, saldo come roccia era al servizio del suo padrone e si occupava del commercio e delle finanze del piccolo feudo.
Il più giovane, Jungwei, invece, voleva seguire la via del padre. Il Bushido.
Un giorno, a metà del mattino, il Signore del villaggio manda a chiamare il suo primo Samurai.
Un fatto grave gli deve essere comunicato. 
Gli viene chiesto di indagare su alcune incresciose sparizioni di merci e beni. E di farlo insieme al figlio, che, interrogato sembra non aver risposte convincenti.
L’indagine non dura molto.
Yoshimoto è uomo di intelligenza acuta e dalla logica stringente.
E i fatti parlano.
La “saldezza” di Ahimo viene meno.
Il figlio con altri cinque complici trama con un villaggio vicino per impadronirsi delle ricchezze di Suruga. La serpe è sempre dentro.
Quello che di più caro ha il Samurai viene così insozzato, infangato. Non è un problema restituire il maltolto. Non sono poveri.
Ma restituire l’onore, quella è un’altra cosa.
Non si può.
L’unico gesto per una cultura che fa dell’onore uno dei suoi pilastri si chiama Seppuku.

La lama del Wakizashi (detto anche "guardiano dell'onore) entra nel ventre, dal lato sinistro e lo lede irreversibilmente con un taglio continuo fino al lato destro. Arrivata a fine corsa con due colpi successivi la lama viene fatta ruotare di 45 ° con il taglio verso l’alto e poi spinta su tutta il lato destro affinché la ferita non sia più rimarginabile. Contemporaneamente il kaishasu balza in piedi sguainando e facendo roteare nell’aria la su Katana. Con un colpo secco decapita il Samurai. Prima che il terrore e la disperazione ne possano alterare i lineamenti.

Un piccolo furto, una macchia immensa e indelebile nell’onore.
Onore.
Oggi suona molto spesso come una parola vuota.
Non spero che ritornino i Samurai. O che la gente studi l’Hagakure. O che pratichi il Bushido.
Ma essere uomini (o donne) credo possa significare cercare un po’ di onore nelle scelte, anche banali, che ogni giorno cerchiamo di affrontare al meglio.
Per noi e anche verso quelle persone che su questo concetto dovrebbero essere scolpite, ma che ogni giorno ci dimostrano ineluttabilmente la loro fragilità di uomini piccoli.   
Senza onore.

mercoledì 16 maggio 2012

La forza del Sé.


Vento che Corre era della tribu dei Cree.
Anzi fra di loro si chiamavano Eithinyoowuc, ossia “Uomini”
 
Aveva uno spirito solitario e allegro, amava vivere da solo nei boschi della Baia di Hudson.
Da solo e a volte con la sua compagna, Stella che ride, e la sua piccola.
Ma anche da solo libero di girare dove più gli aggradava.

Vivevano in una via di mezzo fra una capanna ed una casa, da lui costruita, come aveva imparato da alcuni esploratori e cacciatori di pelle che aveva incontrato nel suo girovagare.
Era un periodo felice. 
Anche se era poco disponibile a stare con la sua compagna quanto lei avrebbe voluto.
E fra un giro di caccia e l’altro, il tempo nel suo rifugio scorreva sereno.

Fino ad un giorno.

Aveva tardato qualche giorno, nulla di preoccupante.
A volte per inseguire un cervo, capitava.
Ma quello che vide gli gelò il sangue.  Un orso.
Probabilmente un grizzly aveva attaccato il suo rifugio.
Paralizzato dal terrore cadde in ginocchio davanti all’entrata urlando il nome della compagna e della figlia.
Non aveva il coraggio di entrare e di guardare.

Dopo aver seppellito quel che rimaneva di Stella che ride e di Luce di luna restò li un giorno intero, sino a che la rabbia ed il desiderio di vendetta non divamparono nel suo animo.
Raccolse arco e frecce.
Bruciò la casa e si mise a seguire le tracce del grizzly che aveva distrutto la sua felicità.
Ti troverò.
Era diventato foglia tra le foglie, silenzioso e veloce come un felino, implacabile come un lupo.
Inseguì le tracce per quasi una luna.
E finalmente una notte prima dell’imbrunire, fra il sottobosco, vicino alla parete della montagna, ne intravide la sagoma scura, arrotondata, accovacciata.
Era li.
Ne era certo.
Prese la freccia. Con movimenti leggeri e la caricò nell’arco.
Un’ondata di furore lo pervase, ma non si fece dominare.
Concentrò tutto il suo essere sulla freccia. E sul bersaglio. 
E scoccò il dardo portatore della sua vendetta.
Silenzio.
Con un sibillio sinistro la freccia percorse il tratto che la separava dal bersaglio, centrandolo.
Nessun lamento.   
Come mai si chiese?
Caricò un’altra freccia. E si avvicinò.
Non era l’orso. Ma una roccia. Caduta dalla montagna, forse. 
Con del muschio sopra. La penombra dell’imbrunire aveva fatto il resto.   
L’orso c’era stato. Ma se ne era andato parecchio tempo prima.
Sta per lasciarsi andare allo sconforto quando vede una cosa senza spiegazione.
La sua freccia, con la punta di selce e con l’asta di legno, era entrata nella roccia per più di metà della sua lunghezza. 
Inaudito. 
Impossibile. Ma reale davanti ai suoi occhi. Rise in maniera disperata.
Non riuscì mai più a conficcare una freccia nella roccia.
Le tribù vicino narrano la leggenda di Vento che Corre, che pazzo di dolore vagava di villaggio in villaggio, elemosinando cibo e vantandosi di aver tagliato la dura roccia con la piccola freccia. 

Mondi possibili...


Carlos Castañeda, in origine Carlos César Salvador Aranha Castañeda è stato uno scrittore Peruviano, naturalizzato in America.
Le Sue ultime opere parlano di Don Juan. Un Brujo messicano. Un “uomo della medicina” discendente dall’antico popolo degli Yaqui.
E’ un esempio descritto e riportato (gli insegnamenti di Don Juan) di un uomo in grado di farti vivere realtà differenti. Ma non per questo meno reali di quella di ogni giorno.
Qualche anno fa, nell’altopiano del Cansiglio, dopo le ore di corso (comunicazione ed educazione ambientale) io e Filippo Zaccaria ci siamo presi un po’ di tempo per parlare, come abbiamo avuto la fortuna di fare qualche volta.
La disquisizione è andata sullo sviluppo dell’essere umano.
Molti organi, mi disse, hanno terminato una prima evoluzione. La mano, ad esempio, con il pollice opponibile è, di fatto, uno strumento unico nel panorama della natura.
Altri organi, invece, sono nel pieno corso della propria evoluzione.
Fra questi ce n’è uno importantissimo.  Il Cervello.  Il fatto che “usiamo” solo il 10 (o 20 o 30) % del nostro cervello è una fiaba fasulla.
Il fatto che non lo usiamo al pieno delle proprie potenzialità e che stia ancora evolvendo, invece è verità scientifica.
È di qualche mese fa la notizia che alcuni geni, relativi al cervello, stanno evolvendo, secondo due università americane.
Che significa?
Significa che sarebbe plausibile pensare che il cervello possa arrivare a percepire qualcosa di subatomico. E se questo fosse possibile, potrebbe, secondo Einstein, trascendere realtà, luogo e tempo. Vedendo cose accadute prima o che potrebbero accadere in un prossimo futuro.
Ma allora perché non pensare che alcuni individui… abituati a lunghe meditazioni (sacerdoti tibetani) o dotati di capacità sensitive superiori (un Brujo, uno Sciamano…  un uomo della medicina)… non possano essere esistiti e non possano esistere?
Ma anche senza andare lontano, nei nostri giorni e in un passato recente nelle nostre località c’erano uomini normali, che prevedevano la pioggia, fermavano i cavalli col pensiero… o vedevano cose che sarebbero accadute giorni a seguire.
Strano? Si. Ma vero.
Forse potrebbero essere doti di tutti? E’ bello poterlo pensare.
Ma è altrettanto vero che abbiamo smesso di insegnare a chi viene dopo di noi una capacità innata nell’uomo: la capacità di astrarre.
Troppo legati alla realtà, ad una routine, ad apparecchi (televisione, video giochi) che pensano per te, e che non ti permettono di far crescere e sviluppare la propria mente.
Perché chi pensa, astrae e si libera, non è soggiogabile con realtà di altri. 
Non è veicolabile.Non è controllabile.
E’ padrone della sua libertà. Per prima di quella interiore, dell’anima.

giovedì 10 maggio 2012

... pensieri.

Ci sarà un tempo.
Quello per sognare
Ci sarà un tempo
Quello per realizzare.

Ci sarà un tempo
Per il silenzio,
Un silenzio
che farà male.

Ci sarà un tempo
Quello delle parole.
Parole che romperanno
Il silenzio.

Ci sarà un tempo
per le lacrime.
Lacrime col sapore amaro
Lacrime dolci come il miele.

Ci sarà il tempo
In cui tutto inizia.
Uno in cui
Tutto finisce.

Ci sarà un tempo
di speranza
di speranze deluse
di speranze future.

Ci sarà un tempo
passato, quello dei ricordi.
Uno presente per vivere.
Uno futuro per sognare.

C'e un tempo
Che è infinito
Quello di chi vive
Che non conosce il suo tempo.

Un tempo che si chiama Vita.


(Silvana Stremiz da "Un tempo chiamato vita")

lunedì 7 maggio 2012

Di Natalino Balasso.... mi chiedo, se in Italia i discorsi seri li fanno i comici... I politici a che servono??

"...Adesso è passato un altro concetto asinino: o si è per il rigore e quindi per l'europa o si è contro il rigore e quindi contro l'europa perché la gente non vuole il rigore. Cari giornalisti fate finta di non capire un cazzo, la gente VUOLE il rigore: che i politici non prendano ancora i milioni di euro che si son fottuti finora, che il governo la smetta con le folli spese militari, che i dirigenti delle agenzie delle entrate non guadagnino più delle entrate che entrano all'agenzia. Che si metta un tetto alle vergognose pensioni parlamentari. Che tutti gli intruppati amici degli amici non accumulino posti in consigli d'amministrazione che si riuniscono 2 volte l'anno rubando i soldi delle tasse, che vengano tassati i patrimoni e che si smetta di tassare chi non ce la fa più a tirare avanti. Che vengano finalmente denunciati i tassi da usura che le banche sono tornate bellamente a praticare dopo aver messo il paese nella merda. Questo è il rigore, non le puttanate che ci raccontate ogni giorno, nascondendoci il fatto che i vostri giornali sarebbero tutti in rosso se non fosse per i soldi che rubate alle tasse degli italiani!( Natalino Balasso )"