domenica 25 marzo 2012

Metti che....


Metti la tua vita. 
Fatta di vittorie e di sconfitte. 
Fatta di fatiche e allegria.
Fatta di lacrime e tristezza. 
Di tutti gli infiniti legami che sei riuscito a stabilire e da cui hai preso qualcosa. Amicizie, amore.
Di tutti i chilometri fatti. 
Di tutti gli sguardi incrociati.
E di quello che hai. La maglietta o il pantalone che ti piace di più e che più di altri dice chi sei. La casa, con dentro cose che rispecchiano il tuo gusto.
Di ciò che hai detto, per cui hai creduto, per cui hai combattuto. 
E (perché no?) per cui, a volte, hai subito ferite.
Giorno dopo giorno fai, parli, lavori, giochi, ridi, mangi…..
La ricordi bene? Se ci pensi ricordi bene i singoli passaggi, ci scommetto.
E ogni notte (quasi) torni a casa. Stanco. Mangi un boccone. Ti rilassi, tv, libri… pc.
Poi doccia. E letto. Forse un bacio al compagno. Se c’è.

Metti che ti addormenti. 



E quando ti svegli, sei dentro una stanza di ospedale dove le facce dei tuoi parenti ti guardano sorridenti e pieni di gratitudine. Noti subito che non c’è, fra loro la faccia del tuo compagno/a. E chiedi...
Cerchi di capire. Chiedi. Tutti ti trattano con tatto e delicatezza, quasi fossi merce delicata, che può andare in frantumi in un attimo. 

Sei stato in coma. Cinque anni.
Cosa??? Coma?????? Io?
Vuoi solo tornare a casa. Devi capire.
E così ti ritrovi nella cameretta nella casa dei tuoi genitori. Accudito e seguito come un minore appena arrivato all’età della coscienza.
Allora chiedi ancora… Voglio andare a casa mia. La mia vita, il mio lavoro… il mio compagno di vita… le mie cose.
Ma, pieni di sincero amore ed il cerca di una comprensione, i tuoi parenti ti guardano increduli, non sapendo di cosa stai parlando. Di che vita parli? Eri in coma, immobile, in una stanza di ospedale. Per cinque anni.
E quando ti guardi intorno vedi che la tua realtà, vera fino a ieri, oggi non esiste.

Che fai?

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