giovedì 11 luglio 2013

.. riflessioni.

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A tutti capita di vivere momenti in cui le relazioni si sovrappongono a quella che per molti (e per la nostra società, per la “Chiesa”, per la famiglia....) è la vita.
Per vita intendo il "modello" che ci viene proposto: ... asilo, riuscire a scuola... anni... tutta la trafila,  e durante magari fare sport giocando (più o meno) in qualche squadra, lavorare o andare all’Università (o tutt’e due… insieme) e poi… entrare nel mondo dei “grandi”.
E qui, un lavoro, meglio se fisso.
Una compagna/o. Molto spesso, ahimè, perchè è giusto e non perchè "è Lei/è Lui". "Ma va bene. Ormai ho una certa età."
Amici, boh, si… con calma. (Forse qualcuno lo abbiamo perso o lo perdiamo per strada, per la nostra miopia?)
Una casa. Grande abbastanza.
Figlio/i, cane, gatto… giardino.
I più fanno lavori finalizzati alle necessità (spese, sopravvivenza).
Quelli fortunati, fanno il lavoro in cui credono, o magari quello per cui hanno studiato. (In Italia, gran pochi). (... oops... piccolo schizzo di veleno, scusate.)
E poi... pensione.(... o tirare a campare).
Tv, (.. michia c'è SKY...), a volte qualche hobby, se la vita non ti ha tolto la possibilità di averli, oppure rimanere alla finestra di una vita fatta di giorni uguali, dove la visita di un figlio è l'evento della settimana. Attesa.

E’ ci sono dei momenti nella vita nei quali, immerso nella frenetica corsa che ti porta verso la vecchiaia, ti trovi a scegliere vie alternative. 
A volte magari scegli che la "carriera" il “consolidamento” della posizione sia l’unico obiettivo che devi e vuoi avere... "Perchè con la sicurezza economica ho tutto" "magari essere benestanti non porta la felicità, ma aiuta"....
E quindi spendi tempo, energie emotive e fisiche in maniera smisurata. 
Lasciandone poche, quasi niente per quella parte dentro di te che si chiama emotività. 
Scegli in maniera assoluta. Perchè "è il momento". E poi, a volte, inebriato dal turbinio di novità, di segnali che l’esterno ti manda, maturi una “sete”, un bisogno di stimoli esterni, mai soddisfatto. 
E così vivi di esterno, di input che l’ambiente, gli amici di lavoro, i colleghi, i media… ti danno, e che divori, mai sazio. (Ovvio che un lavoro serve per vivere, ma non sto parlando di questo caso).
La questione non credo sia: “è giusto o sbagliato?”. 
Penso che la questione sia: cosa comporta? Chi sarò domani?

Ma è tutto qui?
Davvero e’ tutto qui? Cioè l’obiettivo di una vita può essere scritto fra le righe qui sopra?
Forse si. E forse no. Per qualcuno è giusto. Per qualcuno no.
Io ho imparato (perché l’ho vissuto) che chi pensa solo al lavoro, molte volte nasconde una parte di se.
Quella profonda, dove è fragile. E dove ogni ferita provoca un dolore e lascia una cicatrice.
E ogni volta che potresti “rischiare”, non lo fai. Perché devi lavorare.
E ti costruisci una realtà. Ma molto spesso è una realtà, a volte fasulla, che cambia da chi la racconta.  E anche da chi “se” la racconta.
Hai paura. Questo è il blocco che chiude le porte. Magari qualcuna di queste paure te l'ha regalata la famiglia.
Paura di soffrire. Paura di lasciare o di perdere. Paura di perdere la libertà. Paura di non essere “adeguato”. Paura di "non essere" e perché no, anche di non essere "riconosciuto" in questa società che fa dell’immagine e della notorietà, un “valore”…fasullo come una reggia di cartapesta. 
Io ho vissuto questa esperienza. Quella del lavoro. Non ho guardato in faccia a ciò che perdevo (in realtà l’ho capito molto dopo) e dove non crescevo. Si. Una parte di me voleva diventare importante. E magari un po lo ero. Presidente di qua, delegato di la. Chi non lo ha mai pensato? Non è sbagliato, se non è assoluto.
E la vita (a volte succede) e mi ha riportato all’inizio.
Mi ha preso e infilato li. Dove le mie paure erano più grandi. Dove per me era terreno inesplorato. Senza scarpe ne armatura. Certo, si può chiedere aiuto. Se si è capaci di farlo. E puoi sempre scegliere la via da prendere. Cambiare o no. 
"A volte succedono cose che sono come domande. Passano minuti o anni e poi la vita risponde. (cit. Baricco)

Se le paure guidano le tue azioni, probabilmente stai perdendo qualcosa.
Di sicuro quando sei dentro a questo turbine non capisci che quella parte che non fai vivere e che proteggi dai "rischi" è quella dove sperimenti e vivi i tuoi sentimenti e le tue emozioni, le tue relazioni, la concretezza e le conseguenze delle tue paure... ed è quella che più di ogni altra può fare di te una persona unica e forse con qualcosa da dire. Anche nella vita quotidiana.
Ma funziona solo se ci “giochi”. Non se “guardi” altri giocare. 
Puoi avere bisogno e chiedere “amore” o “amicizia”, ma li avrai, forse, solo se li sai dare. E saperli dare, succede solo se ci provi.

E’ una parte che è come un albero cresce: esposta alle intemperie, ai fulmini, alle siccità, alle alluvioni, al gelo. 
E ogni taglio, come ogni lampo di felicità, costruiscono la persona che sei. 
E più ti metti in gioco, più ti scopri e più rischi, più cresci.  Comunque. 
E più ti proteggi, ti chiudi o stai nascosto, più stai fermo senza cambiare, senza alcuna evoluzione. 
Non c’è giusto o sbagliato. 
E non c’è regola. 
C’è quello che scegli e quindi quello che diventerai. 

“Be', non è questo il fatto. Non è solo questione di riuscire, o non riuscire. Perché c'è di più. Accettare un rischio è come saltare da un dirupo, fare un balzo verso l'ignoto, senza avere la minima garanzia. Alla fine tocca a te scegliere. Tu devi decidere come vuoi diventare, capisci? Tu vuoi trascorrere il resto della vita intrappolata nelle tue paure? Va bene. Oppure puoi affrontarle: lanciarti nel vuoto e guardare che succede.” (cit.)

“Si dice che “senza il rischio non ci sia una ricompensa”. Forse c'è qualcosa in più di questo. Senza il rischio, non c'è alcuna esplorazione, alcuna scoperta, alcun piacere, alcuna felicità. Quindi non sprecate altro tempo. Correte un rischio e scoprite che comporta.” (cit.)

"La felicità è il significato e lo scopo della vita... L'obiettivo ed il fine ultimo dell'esistenza umana.". (Aristotele).

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